Nel periodo Song, divenne costume tra i monaci bere tre tazze di tè dopo ogni pasto. Tra i buddisti laici del periodo Ming [ovvero chi praticava il buddismo senza partecipare alla vita monastica] preparare il tè era un’attività seconda solo alla meditazione sotto l’incenso (焚香). In breve, la preparazione del tè divenne prima popolare nei templi, poi divenne pratica quotidiana di monaci e laici, e infine divenne parte inalienabile della vita cinese, trasformandosi in uno dei sette elementi essenziali della quotidianità citati da un famoso proverbio (开门七件事,柴米油盐酱醋茶). Il buddismo fu anche responsabile dello sviluppo delle prime tecniche di produzione del tè. Furono i monaci ad inventare molte tra le varietà di tè più conosciute, ed i templi erano ritenuti centri di produzione affidabili. Sembrerebbe infatti che il noto tè Mending Gan Lu sia stato piantato a mano dal maestro zen Puhui nel periodo Han presso il tempio Gan Lu (甘露寺) sul monte Mengshan. Si tratta di un tè usato per le onoreficenze a partire dal periodo Jin. Il tè Wuyi, creato anch’esso dai monaci presso l’omonimo tempio nella provincia di Fujian, divenne tè onorifico durante il periodo Song.
Il contributo forse più importante dato dal buddismo alla cultura del tè fu la fusione tra filosofia e le pratiche associate a questa bevanda, che ne hanno reso unica la storia. Il buddismo cinese assimilò le caratteristiche del tè: l’amarezza (苦), la serenità (静), l’ordinarietà (通), e le mise in connessione con i principi buddisti di sofferenza (苦), equilibrio (定) e saggezza (智) sviluppando una cultura del tè spirituale, che associa a tè e buddismo lo stesso sapore (茶佛一味).